--COSENZA – Era la partita del cuore per Gianni
VATTIMO, il filosofo volato dalla sua Torino alla sua Calabria,
dalla città dei suoi studi alla terra di famiglia,
arrampicandosi fino a San
Giovanni in Fiore, fra i monti ancora innevati della Sila,
intorno all’abbazia
di un eretico che i potenti di questa rocca hanno forse
temuto di veder rinascere.
--Pericolo
scongiurato. Per l’ex eurodeputato Ds, mai ridotto al rango
di “intellettuale organico”, s’è infranto il sogno
di diventare sindaco indipendente di questo paese “rosso”,
sempre dominato da Pci e --Quercia: “Il sogno degli uomini di sinistra
stufi di una certa Sinistra al potere con metodi clientelari”.
--Spinto
da un gruppo di volenterosi e indipendenti ragazzi con Che
Guevara e Peppino Impastato in testa, s’è messo di
traverso al Centro sinistra, come un tronco sui binari. E
il treno con tanti vagoni rossi l’ha fermato davvero. Costringendolo
al ballottaggio perché il candidato socialista che
guida Ds e margherita è arrivato al 48 per cento contro
il 35 della Casa delle libertà. Già, è
venuto meno l’11 per cento incassato dallo “straniero”.
--Un
risultato che nemmeno commenta il professore, volato a Torino
indignato contro quello che definisce l’”agguato” de l’Unità: “Sabato, il giorno prima delle elezioni, mi hanno
aggredito con un articolo su commissione. Dicendo che avrei
dirottato nel ballottaggio i miei voti a Forza Italia. E tirando
fuori un argomento mai considerato da nessuno in campagna
elettorale, additandomi come gay”.
--L’inviato
del giornale, Aldo Varano, ha smentito la tesi di un complotto
tessuto dai big diessini, qui tutti di ispirazione dalemiana.
Ma Vattimo non si lascia convincere e a spoglio concluso rilancia: “Adesso chiedo i danni. Perché le bugie hanno
colpito…Magari ci paghiamo le spese di benzina”.
Lo dice da Torino dove è corso a votare Centro sinistra.
Comunque.
--Soddisfatto
a metà: “Ho gioito per la vittoria dell’Unione.
Ma la mia esperienza in Calabria soffoca l’entusiasmo che
ho provato per il trionfo. Ho conosciuto dall’interno il meccanismo
di voto. Fatto di legami e controlli che forse non sono illegali.
Ma anche la mafia a volte non viene accusata di illegalità
perché tutto sembra regolare… In quel paesino volevamo
dire no alla politica fatta di posti e sussidi, raccomandazioni
e controllo delle famiglie. Invece, i tirapiedi spuntano gli
elenchi degli elettori ai seggi squadrando chi entra e chi
esce. Ci vorrebbe il voto elettronico”.
--Convinto
che senza quell’articolo, avrebbe ottenuto molto di più,
la partita del cuore a lui sembrava davvero una partita possibile.
E quei ragazzi che prima lo avevano invitato ad un convegno
erano riusciti a gasarlo. Come il più attivo del gruppo, Emiliano
MORRONE, “Bellicapelli” lo chiamerebbe Fiorello,
quasi uscito fuori da un poster beat generation, la fronte
cinta da una fascia nera per reggere un’esplosione di riccioli
che da lontano sembrano un colbacco spennacchiato. Ma lui
se lo porta addosso scanzonato, con l’ironia che deve aver
conquistato Vattimo quando si sentì proporre la candidatura.
--Quando
non immaginava di dover litigare col giornale più vicino
ai Ds: “Hanno fatto credere che portassi voti a destra
ed hanno creato dubbi sulle persone anziane. Mai nessuno aveva
alluso, anche se tutti sapevano. Arriva l’Unità e,
chiedendosi se qualcuno parla di Vattimo come un frocio, lo
sbandiera ai quattro venti. Com’è successo con le fotocopie
dell’articolo distribuite ai bar, sottolineate guarda caso
su quelle righe”.
--Una
rottura. Non solo per la Chiesa, con i parroci allarmati dal
rischio di perdizione. Anche per le “chiese” di partito. Compresa
quella dell’ex eurodeputato, subito diffidente su certi metodi
dei “boss” locali. E chiama così pure i dirigenti di
partito: “Per me in inglese “boss” significa “capo”.
E lì così li chiamano. Spero non mi querelino.
Sono vendicativi. Ho scoperto un certo familismo, una sorta
di diffusa mafiosità scattata per scatenare una serie
di equivoci sul mio conto”.
--Frattura
pesante per il filosofo che ieri sera ha comunque conquistato
due seggi in consiglio comunale e dovrà decidere cosa
fare di qell’11 per cento. A destra o a sinistra?
E vuoi o non vuoi, si torna comunque al quesito dell’Unità.
--Ma
nemmeno MORRONE ha avuto una risposta ieri sera dal professore,
stanco: “Voglio guardare la partita della Juve stasera,
domani ne parliamo”.
--Felice
Cavallaro
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