--VIBO
VALENTIA – Non sarà stato un caso se il
filosofo Gianni Vattimo, con alle spalle un’esperienza
di deputato europeo tra le fila dei DS dal ’99 al 2004, ha
deciso di ricominciare a fare politica dal luogo dove è
nato il messaggio profetico dell’abate Gioacchino
da Fiore per ritrovare le radici e la memoria di un passato
che rivive nel presente.
--Tre
anni della sua infanzia trascorsi a Cetraro, come figlio di
emigrati calabresi di origine contadina. Tornato a Torino
i suoi coetanei gli fanno pesare l’idioma marcatamente calabro,
e lo additano come “terrone”.
--Nell’età
del globale e della caduta degli dei e dei muri, la politica
deve riscoprire una nuova identità umana e ontologica,
questo nobile proposito di Vattimo, docente prima di Estetica
e poi di Filosofia Teoretica all’Università di Torino,
che si candida a sindaco a San
Giovanni in Fiore, nel cuore della Sila, con una
lista di giovani che porta il suo nome “Vattimo
per la città”.
--Dentro
questa sua scelta egli coglie il concetto aristotelico di
phrònesis, cioè della saggezza intellettuale
che si mette al servizio della civiltà politica.
--Una
scelta non casuale, anche se il caso ha giocato un ruolo importante:
l’incontro con dei giovani sganciati dai partiti e che si
riconoscono attorno ad un organo d’informazione “La
Voce di Fiore”, conosciuti durante un convegno
internazionale proprio su Gioacchino, che si è svolto
a settembre. Tra i tanti che partecipano a questa “agorà”,
il direttore della rivista Emiliano
Morrone, e i presidenti Francesco
Saverio Alessio (onlus
emigrati.it) e Franca
Andali (Delegazione florense dell’Unione Italiana
Ciechi).
--“All’inizio
è stata una semplice proposta – spiega il filosofo
-. Pian piano mi sono innamorato all’idea”. Vattimo ora è
consapevole che questa sua scelta si è caricata di
valori forti da quando ha deciso di mettersi in “gioco” al
servizio di una nuova “escatologia”
della politica, in un colloquio fecondo e profondo con la
tradizione.
--Al
primo posto però riafferma i sentimenti verso questi
giovani che lo hanno coinvolto e provocato, e che sono impegnati
in un nuovo progetto etico per la rinascita civica della cittadina: ”Mi sono reso conto che sono persone
veramente in gamba, al di là delle mie aspettative”,
osserva ancora Vattimo.
--Ma
l’idea di ricominciare a fare politica in questo modo, è
stata la conseguenza di un desiderio di distacco dai partiti
dopo l’esperienza non certo positiva vissuta all’interno degli
eredi del Pci.
--Il
filosofo fa una chiara accusa al dirigismo al partito della
Quercia. Infatti è stato messo all’indice per aver
dichiarato che era ora di “rottamare” D’Alema per troppo ostentato
filo-americanismo.
--Ha
pensato che fare la fronda nei DS, e avere il coraggio di
estremizzare la sua posizione, lo avrebbe messo al riparo;
così non è stato e ha appreso la dura legge
dell’esclusione in un modo non proprio filosofico, dai giornali.
Così anche per reazione ha tentato la via dell’Europa
attraverso i Comunisti Italiani. L’allievo di Luigi
Paryeson e di Hans-GeorgGadamer ribadisce che “non si sente più capace di fare
vita di partito” ma di fronte sa di avere una sfida
da affrontare con umiltà. Ci sono per prima cosa i
problemi per una realtà isolata come San Giovanni in
Fiore, ma c’è anche la possibilità di risollevare
le sorti di questo luogo. Bisogna uscire dall’inerzia e dalla
solitudine. Far si che si sviluppi il turismo, l’artigianato
e le attività agricole. Questi alcuni punti cardine
del suo programma.
--Anche
la filosofia, il modo di interpretare gli eventi e la riflessione
gioachimita, hanno stretto un’alleanza su un piano filosofico
e umano con la storia di Vattimo: l’età dello spirito
concepita da Gioacchino come un processo che termina in un’epoca
escatologica di libertà e di concordia sulla terra,
si innesta nella concezione della storia come progressiva
emancipazione dei totalitarismi e della violenza.
--“Ma
il pensiero di Gioacchino – afferma Vattimo – ha valore nell’ottica in cui si concepisce il progresso
come spiritualizzazione del reale nel senso di una razionalità
immediatamente comunicabile, attraverso
segni e simboli”.
--Si
ricordano alcuni dei suoi saggi: Il soggetto e la maschera
(1974), Le avventure della differenza (1980), Etica dell’interpretazione
(1989), Nichilismo ed emancipazione, Etica, politica, diritto
(2003)
--Nicola
ROMBOLA’