Adalberto Libera negli anni immediatamente successivi al 1939 costruì a Capri una delle massime espressioni dell'Arte e dell'Architettura del secolo scorso: la misteriosa "casa come me" di Kurt Sucker (Curzio Malaparte, Prato 1898 - Roma 1957 ), la Villa Malaparte.
Curzio Malaparte ai piedi della chiesa dell’Annunziata a Lipari: la rampa stretta e strombata che porta al santuario ispirò la scenografica scalinata, il fulcro estetico centrale della Villa.
La storia dell'Architettura rupestre nel Mediterraneo è disseminata di capolavori costruttivi su cigli impossibili; edifici e ruderi testimoniano l'incessabile volontà d'insediamento dell'uomo, la volontà di controllo del territorio, sottolineate da relazioni poetiche fra natura ed artificio.
La Villa Malaparte nacque tanto dall'incontro e dalla relazione (difficile) fra due uomini particolari, l'Architetto Adalberto Libera e lo Scrittore Curzio Malaparte, quanto dall'incontro e dalla relazione (difficile) fra Natura e Architettura in un luogo inospitale ed estremo ma bellissimo.
Casa Malaparte è una sopraelevazione del luogo: l'enorme gradinata strombata e il solarium concludono, sul ciglio di Punta Masullo, la lunga serpentina del sentiero a mezzacosta e la stretta e ripida scalinata terminale.
La residenza si sviluppa "al di sotto" e indipendentemente, colmando il vuoto tra il piano artificiale e la linea naturale della sella rocciosa. [...] In questa totale indifferenza dello spazio superiore nei riguardi della residenza sottostante è la chiave per comprendere la casa. Esternamente essa è arida, ottusa. Rinunzia a funzioni e segni effimeri. Scavalca, connette si erge. Prolungamento artificiale del sito, forma espressiva di un atto insediativo primario.
Adalberto Libera ripulisce l'Architettura da tutti gli orpelli, costringendo la poesia ad una arida espressione formale, ad una semplice sopraelevazione del suolo, esalta sottolineandolo il carattere del luogo. La terrazza è dovunque priva di balaustre, le canne fumarie sono troncate a filo del tetto, le finestre sono scavate nelle murature. Simile ad una casamatta di una guerra dimenticata, con le sue vuote occhiaie, la scalinata come una cresta di ramarro, rimane sospesa sul blu ad interrogarci sull'Arte e sul Tempo: come un'ara per sacrifici che non comprendiamo, di un altro luogo, di un altro tempo.
Malaparte rimase affascinato da Capri, dove nel 1936 si recò a far visita al suo amico Axel Munthe. Decise di acquistare da un isolano, Antonio Vuotto, un pezzo di terra per costruirsi una casa. Da uomo sensibile alla natura e al dramma, come Tiberio che viveva sulla rupe più alta, scelse una roccia a picco sul mare, vicinissima ai faraglioni.
Dopo l'acquisto del terreno su Punta Masullo per dodicimila lire, l'amicizia con Galeazzo Ciano, allora Ministro degli affari esteri ed appassionato frequentatore di Capri insieme alla moglie Edda, gli consentì di ottenere la licenza edilizia; la costruzione del complesso, affidata al capomastro Adolfo Amitrano, durò complessivamente due anni, protraendosi dal 1938 al 1940.
Di fatto, se tiriamo il bilancio della visita all’architettura orfica, abbiamo tutto, tranne la radice dell’intèrieur. Non sappiamo da dove entrare. Quanto all’ingresso, esso si trova sulla facciata sudoccidentale, insieme ad altre bucature, ricavate di netto dal muro intonacato (come nelle coloniche toscane amate dal pratese Malaparte e frequentate dagli architetti razionalisti a scopo più di ispirazione che di studio).
Si giunge a Punta Masullo attraverso un lungo e impervio sentiero.
La punta e la casa, "come un mostro fossile, o forse solo acquattato sulla punta inospitale" appaiono e ricompaiano sempre più vicine; dietro un'ultima roccia, quando ci si aspetta la casa, all'improvviso ci si trova davanti una scala che porta verso il cielo.
L'arrivo è inaspettato e singolare.
La casa si distribuisce con uno schema a T e su più livelli. Nella parte semi interrata la cantina, locali di servizio e le cucine. Al piano terra è un ostello per gli ospiti, alcuni locali di servizio ed una originale piccola stanza, detta "della montagna" per via dell'alta rupe che si vede attraverso la finestra, rivestita in legno con una bellissima stufa in ceramica.
Al piano superiore il vasto soggiorno con quattro grandi finestre che da sole basterebbero ad arredare tutto lo spazio; quattro quadri sui faraglioni, Capri, il mare. Il camino, semplice, grande, centrale, possiede al suo interno un'altra finestra esposta ad ovest; d'inverno il sole al tramonto illumina il fuoco ed il fumo giocando con essi; la notte, dal mare, un patetico, tremolante faro sui faraglioni.
La porta in fondo al soggiorno porta alle due camere da letto padronali; quella personale e quella detta "la favorita", tutte e due con bagni rivestiti da marmi a macchia aperta. In fondo a tutto, testa dell'edificio, lo studio di Curzio Malaparte.
Particolare del rivestimento in Marmo Cipollino del bagno de "la favorita"
La casa è interamente costruita in muratura, con la direzione del Maestro Adolfo Amitrano, scelta operata dall'Artista in previsione dell'aspetto che assumerà il rudere nel trascorrere inevitabile del tempo e degli eventi atmosferici.
Suscitare un tempo nascosto che resista al tempo del suo uso e che sia in grado di conferirgli nuove valenze estetiche persino nel caso estremo in cui l'iniziale funzione, esauritasi, sia incomprensibile, o che l'edificio stesso sia stato dal tempo o da eventi traumatici ridotto a rovina. rif. Francesco Venezia
Completamente intonacata è dipinta di un colore rosso sangue, nettamente distinguibile dal grigio delle roccie e dal verde dei pini marini.
Nel 1985 fui ospite della Fondazione Giorgio Ronchi per uno studio, ed ebbi il permesso di scattare fotografie sia all'interno che all'esterno della casa; queste sono alcune delle fotografie scattate quel giorno.
Come allora ancora oggi osservare questa Architettura evoca in me echi lontani, passati e futuri; visioni di tempi e di uomini diversi e migliori, trascorrere delle albe, dei tramonti, del vento e delle maree, melanconico enigma sospeso sul blu del Mediterraneo.
In questa casa la scala è l’edificio, non un semplice elemento di distribuzione. Questo fortissimo gesto formale consente di trasformare il terrazzo in una stanza a cielo aperto, in cui l’unico ornamento è rappresentato dal ricciolo bianco, un elemento che ha il duplice scopo di sostenere, camuffandola, la canna fumaria e di proteggere gli ospiti della casa da sguardi indiscreti.