Le cavità sotterranee a Napoli di Paolo Di Caterina
Architettura ipogea Greco Romana
Napoli, Cavità nel Monte Echia, Grotte Carafa
rif. Paolo Di Caterina, Le cavità sotterranee e Napoli; DOMUS n° 681 - Itinerario n°22, Milano 1987
A Napoli, la forma visibile dell'architettura è solo l'affioramento di una città sotterranea. Innumerevoli caverne, grotte, cunicoli, pozzi l'attraversano in ogni direzione intrecciandosi a quote diverse. Non si tratta di cavità naturali - frane accidentali o corrugamenti geologici - ma di luoghi edificati «per forza di levare».
Da almeno 40 secoli, scavate nel tufo, per cavare pietre o costruire piscine ed acquedotti, per tracciare gallerie viarie o interrare tombe e sacrari, le grotte, soprattutto, costituiscono una «memoria»; una corrispondenza simbolica con realtà lontane. Atto insediativo primario.
A Cuma, caposaldo della strategia di occupazione e colonizzazione di Neapolis, l’Antro della Sibilla Deiphobe fornisce il suolo, sopra di sé, per fondare le terrazze dei templi degli Dei olimpici, e, ancora, sotto di sé, la terra per scavare la crypta romana che punta al lago d’Averno: territorio dei Cymmeri; ingresso alla città sotterranea dei Morti: l'Oltretomba. Pochi, di coloro che la visitano, possono tornare vivi per descriverla. Scavare, essere al di sotto della terra, dunque, è la sola maniera possibile per vivere una realtà divina altrimenti immaginata. Ospiti nella casa degli Inferi, questa diventa pre-testo delle superiori abitazioni degli uomini.
XVII Triennale di Milano, 1987
"Le città immaginate. Un viaggio in Italia. Nove progetti in nove città": Cuma - sezione
Prefigurazione dell'architettura. Nella grotta si ritrovano, riuniti, indissolubili, i principi vitruviani della firmitas, la roccia, dell'utilitas, la cavità, il riparo, della venustas, i rugosi graffiti dello scalpello, le mutevoli concrezioni della natura. La città cosi cresce in superficie, a mano a mano che si approfondisce, a somiglianza delle sue stesse viscere; assumendone la materia "resistente" la consistenza «morbida e spugnosa», il colore «giallo e rosso», la forma dello spazio «complesso». Si edifica al tempo stesso la casa e la grotta.
Walter Benjamin ha detto che a Napoli l'architettura è porosa come la sua roccia e che la città tutta è come uno scoglio. E «scoglio» è proprio, nella tradizione, il supporto della grande scena presepiale fatta, non a caso, di caveme e di anfratti, gremiti di folle, e poi di ruderi e di piccole case deserte.
Un itinerario sotterraneo, una visita alle grotte è dunque una prova iniziatica, un ritorno alla memoria delle origini; alle forme archetipe della città.
Gran parte delle circa 520 cavità napoletane, che si estendono su di una superficie di un milione di metri quadri, non sono utilizzate e pertanto non accessibili a tutti; il percorso qui proposto è quindi solo parziale ma comunque sufficientemente rappresentativo.
rif. Paolo Di Caterina, Le cavità sotterranee e Napoli; DOMUS n° 681 - Itinerario n°22, Milano 1987
Tomba di Virgilio e Crypta Neapolitana
"Le città immaginate. Un viaggio in Italia. Nove Viaggi in Nove Città"; XVII Triennale di Milano, 1987
Cavità nel Monte Echia; Grotte Carafa
"Le città immaginate. Un viaggio in Italia. Nove Viaggi in Nove Città"; XVII Triennale di Milano, 1987
Cavità nel Monte Echia; Grotte Carafa
"Le città immaginate. Un viaggio in Italia. Nove Viaggi in Nove Città"; XVII Triennale di Milano, 1987
Francesco Venezia è un grande Architetto, un fine ma forte Poeta dell'Architettura.
Ebbi il privilegio di frequentarlo perché avendo sostenuto tutti gli esami di progettazione possibili, e non essendo ancora soddisfatto di quello che avevo imparato girovagavo e frequentavo tutti i corsi di Progettazione Architettonica fin che trovai lui che teneva una lezione in un piccolo box.
Quando entrai stava citando il Leopardi, l'inpietrata lava.
Seguii tutte le sue lezioni, anche se non dovevo più sostenere esami di progettazione, e dopo qualche mese, quando fu incaricato dalla Triennale di Milano di rappresentare Napoli per la mostra "Nove Viaggi in Nove Città", mi invitò a far parte del suo gruppo che comprendeva fra gli altri lo Storico dell'Architettura ed Architetto Paolo Di Caterina, l'Architetto Gabriele Petrusch, gli Architetti Consuelo de Michele e Marina Borrelli, il Fotografo Mimmo Jodice, e gli Architetti Pier Paolo Guzzo e Marilena Vicino fondatori in seguito della GUVI PROGETTI e l'Architetto Ottavio Notaro calabresi come me.
Eseguimmo un rilievo critico e poetico del sottosuolo, fondamentalmente Greco Romano, di Napoli; teso a scavare oltre le radici del costruire, ad affondare le mani nello spessore del suolo per ricercare le origini dell'Architettura Mediterranea.
"Le città immaginate. Un viaggio in Italia. Nove Viaggi in Nove Città"; XVII Triennale di Milano, 1987
All'inaugurazione della mostra per problemi personali a Milano non andai. Il Prof. Venezia dopo mi disse che l'allora Presidente del Consiglio On. Bettino Craxi si soffermò a lungo a visitare la nostra sezione e ci fece dei grandi complimenti.
Per me fu soprattutto l'esperienza di lavorare fianco a fianco con un grande Architetto e di imparare che l'Arte abbisogna di molta fatica e di una vita votata all'Arte.
Francesco Saverio Alessio, 2003
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