Santuario di Hera Lacinia a Capo Colonna
fotografia: Francesco Saverio Alessio © copyright & all rights reserved 1986
Edificato intorno al 470-460 a.C., su di un grande stilobate (circa 59 m x 22 m), il Tempio, esastilo periptero con 6x19 colonne di ordine dorico, uno dei più importanti esempi di Architettura Mediterranea, era più famoso della città di Crotone ed era sacro a tutte le popolazioni della Magna Graecia. Il Capo si chiamava Capo Nao, contrazione di Naos ovvero tempio. Alcuni secoli fa i ruderi, ancora imponenti, facevano si che il Capo si chiamasse "delle colonne", poi l'edificio usato come cava per il Castello eretto nel 1541 dal viceré don Pedro di Toledo, per le architetture dei palazzi nobiliari e per le infrastrutture portuali fu interamente spogliato tranne una sola colonna.
Santuario di Hera Lacinia: pianta
rif. Museo Archeologico di Capo Colonna Crotone | Arcait
Capo Colonna
Capo Colonna, noto nell'antichità come “Lakinion akron”. Capo Colonna dal quale ripartì Annibale, dopo averne spoliato alcuni tesori, per fare ritorno a Cartagine.
Ero un bambino e mio padre mi parlava dei Greci antichi, delle loro migrazioni, delle loro navi, poco più grandi di una barca, con le quali navigavano per il Mediterraneo e un giorno mi portò a Capo Colonna dove mi raccontò di un popolo della Grecia, i Dori, che aveva attraversato il mare, occupato queste terre, fondato città, portato la civiltà.
Quella unica, superba, solitaria colonna d'arenaria erosa dal tempo era sopravvissuta a tutto testimoniando la Civiltà e la Cultura di quel popolo.
Sito archeologico di Capo Colonna: ruderi del recinto greco-romano
fotografia: Francesco Saverio Alessio © copyright & all rights reserved 1986
Sito archeologico di Capo Colonna: opus reticulatum del recinto greco-romano
fotografia: Francesco Saverio Alessio © copyright & all rights reserved 1986
Fu l'esperienza di quel giorno, credo, ad indirizzare la mia esistenza di uomo ed artista; a farmi realizzare l'appartenenza ad una millenaria Cultura Mediterranea.
Capo Colonna, lontanissimo. Al crepuscolo. Ultimo lembo di terra che nel 1998 contemplammo, dalla poppa dell'Augusta, la barca di otto metri del mio amico Gigi, mentre, salpati dal porticciolo di Sibari, ci avventuravamo a vele spiegate verso lo Jonio aperto con rotta su Paxo, per una crociera di quattro settimane nelle le Isole Ioniche della Grecia. Con rotta Sibari - Paxo e, al ritorno, rotta più lunga, Zante – Sibari. Quando salpammo verso la Grecia per due notti e un giorno non mi staccai dalla prua e non chiusi occhio. Eccitato dall'idea di rifare all'indietro le rotte dei miei antenati avevo così tanta adrenalina in circolo da non aver bisogno di caffè. Fui difatti io ad avvistare il faro di Paxo dopo una stellatissima seconda nottata in mare. Con la coda dell'occhio, come un vago baluginio nell'ora scura che precede l'alba.
Lefkas, Kefalonia, Zakynthos, Ithaca, Meganissi, Kalamos, Paxos, Anti Paxos. Ho visto le coste di Itaca, costeggiandole a randa e fiocco, ho nuotato nelle acque che la circondano. Ho gustato l'odore del suo bosco chiedendomi quale nostalgia ne avesse Ulisse, e cosa realmente lui cercasse...se mai lo abbia trovato.
Capo Colonna così lontana nell'azzurra lontananza da sembrare un miraggio. Gigi mi guardò. Mentre cazzavo la scotta della randa aveva colto il mio rapimento. Mi disse: «Si! È Capo Colonna. L'ultimo lembo della Magna Graecia. Fino a dopodomani vedremo solo mare...». Ripercorrevamo all'indietro le rotte dei coloni greci.
Capo Colonna; l'ultimo sparente oggetto terreno ancora in vista, lontano! Nel mare. Con la sua unica sopravvissuta colonna. Melanconica.
TweetSantuario di Hera Lacinia
fotografia: Francesco Saverio Alessio © copyright & all rights reserved 1986
Il santuario di Hera Lacinia di Capo Colonna, dipendente dalla città di Crotone antica, fu uno dei santuari più importanti della Magna Graecia dall'età arcaica fino al IV secolo a.C., finché cioè fu sede della lega Italiota prima che si trasferisse a Taranto. Il sito del santuario era in una posizione strategica lungo le rotte costiere che univano Taranto allo stretto di Messina, su un promontorio chiamato anticamente Lacinion, che diede anche l'epiteto alla dea venerata, Hera Lacinia. Il santuario era stato edificato alla fine del VI secolo a.C. ed era anche chiamato di Hera Eleytheria, come resta testimoniato da un'iscrizione sul cippo del Lacinion, al Museo archeologico nazionale di Crotone.
Santuario di Hera Lacinia
fotografia: Francesco Saverio Alessio © copyright & all rights reserved 1986
Il complesso era composto da più edifici, dei quali sono oggi visibili alcuni resti. Il tempio vero e proprio era proteso verso il mare, di ordine dorico, con sei colonne sulla facciata (esastilo). Il tempio vero e proprio aveva la classica forma dei templi greci: un imponente complesso di 48 colonne in stile dorico alte oltre 8 metri e costituite da 8 rocchi scanalati. Il tetto era di lastre di marmo e tegole in marmo pario. Nulla si sa delle decorazioni che, però, erano certo presenti, come si può dedurre dal ritrovamento di una testa femminile in marmo della Grecia e pochi altri frammenti.
Santuario di Hera Lacinia
fotografia: Francesco Saverio Alessio © copyright & all rights reserved 1986
Al complesso del tempio appartengono anche almeno tre altri edifici chiamati "Edificio B", "Edificio H", "Edificio K": l'Edificio B, che presenta una pianta rettangolare, è ritenuto poter essere il tempio originario. Questa tesi è sostenuta dal ritrovamento di reperti che sarebbero datati già dall'VIII secolo a.C.; l'Edificio H, di pianta quadrata, chiamato anche Hestiatorion, è suddiviso in vari locali. Il ritrovamento di suppellettili tipiche dei locali dedicati ai pasti può far dedurre che si trattasse dell'edificio-mensa e ristoro dei viaggiatori oltre che dei sacerdoti.
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